La musica europea nel Medioevo di Diego Biloslavo

Nel discutere di musica più o meno antica, si incappa sempre in un problema comune: l’assenza quasi totale di spartiti, o altri reperti utili alla comprensione dell’argomento, che siano giunti sino ai nostri giorni. L’esempio più indietro nel tempo è rappresentato da alcuni frammenti di tavolette di argilla ritrovate in Mesopotamia e risalenti circa al 2000 a.C., nelle quali, con scrittura a caratteri cuneiformi, si istruisce sull’utilizzo della lira. Dal periodo greco e romano ci sono pervenuti alcuni manoscritti, qualcuno pure completo, oltre ai noti studi in merito al temperamento della scala musicale svolti da Pitagora (o perlomeno era questa la convinzione durante il Medioevo).

Comprare la pergamena, nel periodo medievale, era costoso e questo è uno dei motivi della scarsità di materiale perdurato fino a oggi. La maggior parte dei documenti conservatisi è arrivata fino a noi grazie alle più potenti casate nobiliari; anche il clero ha contribuito a ciò e non a caso alcune delle produzioni più consistenti riguarda composizioni a tema religioso. La rarità delle fonti è anche da ascrivere al fatto che molta musica, in particolare di matrice profana, era frutto di improvvisazione oppure creata per occasioni particolari e veniva eseguita un’unica volta.

Dopo questa doverosa premessa, va sottolineato inoltre il notevole lasso di tempo preso in esame, ossia dalla caduta dell’Impero Romano nel V secolo alla scoperta dell’America sul finire del XV. Tuttavia, con il termine di musica medievale, si intendono più comunemente le correnti sviluppatesi tra l’inizio del Basso Medioevo fino agli albori del Rinascimento.

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